In Italia le destinazioni esistono? Che cosa ha messo a nudo la crisi 2020

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Che cosa si intende oggi per destinazione turistica? E cosa è cambiato per colpa della crisi? Facciamo il punto della situazione, sperando in una ripartenza reale.

In base alle indicazioni della UNWTO sappiamo che l’essere destinazione turistica implica tre macro attività tra loro variamente combinate:

È inoltre consigliato che i principali processi decisionali avvengano su basi partecipative, con un ampio coinvolgimento degli stakeholder pubblici e privati.

In Italia da una decina d’anni circa, in circostanze e in occasioni non sempre pertinenti, parliamo di DMO, Destination Management Organization, non cogliendo talvolta la sottile ma necessaria e sostanziale differenza tra la pratica di DMO, quindi la messa in atto di una metodologia, e il fare DMO cioè l’istituire o rendere funzionanti soggetti organizzati e modelli di governance che fanno destination management i quali, più propriamente, dovrebbero essere chiamati DMC, cioè Destination Management Company.

Non è una disquisizione astratta perché purtroppo le crisi non sono occasioni ma soprattutto rogne con costi umani, industriali e sociali spesso distruttivi, che mettono a nudo ipocrisie, debolezze culturali e insufficienze operative strutturali. La trasformazione poi di questi accidenti in potenziali opportunità dipende ovviamente dall’onestà intellettuale, dalle competenze e dal duro lavoro in profondità che si è disposti a sviluppare. Proviamo a ragionarci assieme.

L’impatto davvero grave e drammatico di covid-19, da marzo a oggi, ha reso evidente per esempio:

Se vogliamo uscire da questo inviluppo e sostenere/favorire fattivamente progetti strategici che al momento appaiono come acrobazie interregionali dove l’unico benchmark è il volume spesso incontrollabile delle presenze, a loro volta non sostenibili, potremmo tentare di mettere in opera alcune buone pratiche e strumentazioni di destination management come per esempio:

Si può dire, senza timore di essere smentiti, che nessuna bacchetta magica post lockdown è disponibile.

Tuttavia, come scrive proprio Philipe Kotler «Le imprese dovranno ripensare le loro strategie relative a prodotti e servizi, nonché la pianificazione della comunicazione e i relativi output. Dovranno fare ricerca sui cambiamenti emergenti negli atteggiamenti e nei comportamenti dei consumatori causati dal coronavirus. Dovranno decodificare un nuovo panorama di concorrenti. Le imprese potrebbero dover rivedere la loro value proposition, le linee di prodotti, i segmenti di mercato e le aree geografiche servite. … L’industria dei viaggi e dell’ospitalità sperimenterà una ripresa con una curva a “L”. Molti cittadini esiteranno a volare verso località in cui non possono contare su servizi medici locali in caso di malattia. … Gli eventi di intrattenimento locali come spettacoli di opera, teatro, balletto o addirittura eventi sportivi mostreranno una ripresa con una curva a “L”. I cittadini esiteranno a sedersi a pochi centimetri gli uni dagli altri … » (Il Sole 24 Ore, 26 giugno 2020).

Siamo cioè di fronte a un immenso e necessario lavoro da sviluppare assieme, non c’è tempo da perdere.

*Beppe Giaccardi è consulente di strategia, Founder e CEO Studio Giaccardi & Associati – Consulenti di Direzione

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