
Ristorante o museo? 5 variazioni sul tema.
Dal ristorante-sito archeologico, al ristorante stratificato come uno scavo, a quello con la città nella pancia, al ristorante nel museo che dialoga con mostre e collezioni, al museo-museo dove allestire la tavola a contatto con l’arte.
Ci piacciono i confini sfumati, gli spazi interstiziali, di condivisione e scoperta. Ecco allora alcuni esempi di come due luoghi di nutrimento – per il corpo e per l’anima – come il ristorante e il museo possono allearsi per donare esperienze memorabili. Giocando con gli strati culturali, oltre che con il menu.
Gellivs, Oderzo. Un successo scritto nella pietra.
Il Gellivs di Oderzo (Treviso), l’antica Opitergium, è un unicum. Perché è un ristorante stellato – guidato dallo chef Alessandro Breda – con un’offerta e spazi ben articolati, ma anche un sito archeologico, valorizzato da una sapiente realizzazione architettonica.

Il nome Gellivs viene da un’epigrafe romana proveniente da una domus, riciclata come pietra delle mura medievali visibili nella pancia del ristorante. Lì si legge la dedica di un certo Caio Gellio, quadrumviro, al padre Quinto L. Antioco, liberto, e alla di lui moglie Secunda. Un liberto era un ex-schiavo. Quindi abbiamo la storia del figlio di uno schiavo affrancato che ha successo in una città con importanti scambi commerciali.

Non a caso Opterg, il nome venetico di Opitergium/Oderzo, significa mercato. Ed è secondo mercato e con un intuito superiore, che lo chef Breda crea i suoi menu raffinati.
Maffei, Verona. Strati di storia e un mood Giulietta e Romeo.
Il ristorante Maffei, nell’omonimo palazzo cardinalizio barocco e casa-museo in piazza delle Erbe è, per i veronesi soprattutto, un’istituzione ricca non solo di storia ospitale ma anche di storia in saecula saeculorum. Il Maffei è dove si va la domenica, nelle occasioni importanti. E dove anche tanti stranieri adorano andare, per carpire ai veronesi quell’atmosfera di accoglienza veneta scandita da piatti-signature come i risotti, la tartare di manzo con gelato alla senape, la guancetta di manzo brasata all’Amarone, il tiramisù con il pandoro.

Il ristorante si sviluppa per strati, che sono anche diversi piani temporali: il piano terra classico con le principali sale e un dehors, la cantina medievale dove i tavoli sono allestiti tra le raccolte di vini, l’interrato che custodisce i resti del Capitolium romano e testimonianze del I secolo a. C. Una delle esperienze più peculiari del Maffei – e solo del Maffei – è proprio quella del tavolo Giulietta e Romeo per cenare in intimità al livello interrato, accuditi da un servizio ad hoc come in una bolla spazio-temporale.
Ristorante Pancrazio, Roma nella pancia.
Diversamente da chi ha creato al proprio interno un’architettura per affacciarsi sul passato, il ristorante Pancrazio a Roma, ristorante di interesse archeologico, punta sul passato as is. Sei tu che scendi nel ventre nella città.

Poco lontano da Campo de’ Fiori, funziona come uno degli innumerevoli esempi di mitologia – oggi diciamo storytelling – di una Roma eterna che ha visto, provato, conosciuto tutto e non si stupisce di niente. Ma ancora vuole stupire gli ospiti. Forse. Sorge su una parte delle rovine del Teatro di Pompeo, costruito nel 61 a.C., primo teatro in marmo per circa 20.000 spettatori. Teatro-tempio e Curia Pompeia, dove Giulio Cesare fu assassinato nel 44 a.C. Dichiarato Locus sceleratus da Augusto, ha attraversato i secoli giocando sul fascino della fama oscura.
Oggi il ristorante Pancrazio, 4 generazioni di cucina romana, vende i tavoli nelle grotte (l’interrato) come lo spettacolo della storia di cui si può godere direttamente mangiando.

Vòce Aimo e Nadia, in dialogo con il museo.
Vòce Aimo e Nadia a Milano fa intimamente parte del complesso architettonico delle Gallerie d’Italia dividendosi in caffetteria, gelateria, dispensa e ristorante gourmet. Questa molteplicità rappresenta, in qualche modo, un diverso modello di fruizione del bello e del buono. Idealmente, un continuum, ora accentuato dalle vetrate trasparenti del ristorante che guardano sull’interno delle Gallerie.
Vòce è in effetti pensato, per continuità spaziale e contiguità di orari – pausa pranzo, cena e pre-cena – come la fusione di arte, cultura e cibo, sotto la guida dell’executive chef Lorenzo Pesci. Un ristorante in vero dialogo con il museo.

E lo è non solo per l’accesso fisico alla parte museale o per la presenza di opere d’arte negli spazi ricettivi, ma anche per la ripresa nel menu di piatti che alludono alle mostre, alle collezioni o semplicemente al genius loci.
Palazzo Collìcola, Spoleto. Il museo imbandito.
Tra tante modalità ibride di intendere il rapporto ristorante-museo, con tanti musei-gioiello nelle città d’Italia, questa è la più temporanea: il museo che si fa tavola imbandita, ristorante transitorio, luogo letteralmente esclusivo.

L’appartamento nobile di Palazzo Collicola a Spoleto, Galleria di arte Moderna e Contemporanea Giovanni Carandente, è solo un esempio vissuto di recente celebrando in l’anteprima dell’olio DOP Umbria con una cena in piedi oleocentrica. Nella spettacolare Galleria Prospettica del Palazzo: 4 postazioni stellate. Nelle attigue sale dell’appartamento nobile: banchi d’assaggio e libera circolazione dei convitati.
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In apertura, Vòce Aimo e Nadia a Milano, ph. Paolo Terzi.
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